La dipendenza affettiva: di cosa si tratta?

La dipendenza affettiva è un fenomeno complesso e multidimensionale che ha attirato l’attenzione di ricercatori e clinici per decenni. In questo articolo, esploreremo l’evoluzione del concetto di dipendenza affettiva, dalle origini fino alle più recenti concettualizzazioni, con un focus sulla terapia cognitivo-comportamentale (TCC) e sui suoi interventi per la dipendenza affettiva.

L’origine del concetto di dipendenza affettiva

Il concetto di dipendenza affettiva affonda le sue radici nella teoria dell’attaccamento di John Bowlby (1958, 1969, 1973)

[1][2][3]. Bowlby sosteneva che l’attaccamento, definito come un legame emotivo duraturo tra un individuo e una figura di riferimento, è un bisogno fondamentale e una caratteristica innata dell’essere umano. Egli postulava che l’attaccamento avesse una funzione di sopravvivenza, poiché aiuta il bambino a mantenere la vicinanza con i caregiver, garantendo così la protezione e l’accudimento necessari per lo sviluppo.

Dipendenza affettiva e psicoanalisi

Nel contesto della psicoanalisi, la dipendenza affettiva è stata inizialmente interpretata come una manifestazione di una “personalità orale” (Abraham, 1924; Fenichel, 1945)

[4][5]. Secondo questi autori, la dipendenza affettiva sarebbe il risultato di un’insoddisfazione del bisogno orale nel corso dello sviluppo infantile, portando l’individuo a cercare relazioni affettive in cui esiste un forte bisogno di protezione e nutrimento.

La dipendenza affettiva nella ricerca contemporanea

Con il passare del tempo, la dipendenza affettiva è stata oggetto di numerose ricerche e concettualizzazioni. Alcuni autori (Bornstein, 1992; Bartholomew & Horowitz, 1991) hanno proposto un approccio dimensionale, suggerendo che la dipendenza affettiva possa essere intesa come una variabile continua, con gradi diversi di intensità e manifestazioni[6][7].

Nella letteratura recente, la dipendenza affettiva è stata studiata anche in relazione ai modelli di attaccamento adulto (Hazan & Shaver, 1987; Brennan, Clark, & Shaver, 1998)

[8][9]. Gli studi hanno identificato quattro principali stili di attaccamento adulto: sicuro, ansioso-preoccupato, evitante e disorganizzato. La dipendenza affettiva è stata associata principalmente allo stile ansioso-preoccupato, caratterizzato da un’elevata ansia da separazione, preoccupazione per il rifiuto e un bisogno eccessivo di approvazione e supporto emotivo da parte del partner.[15]

Il concetto di dipendenza affettiva è strettamente correlato sia all’attaccamento adulto insicuro ambivalente che al disturbo di personalità dipendente. Di seguito, esamineremo queste relazioni più nel dettaglio.

Attaccamento adulto insicuro ambivalente

L’attaccamento adulto insicuro ambivalente è uno stile di attaccamento caratterizzato da un’elevata ansia da separazione, preoccupazione per il rifiuto e un bisogno eccessivo di approvazione e supporto emotivo da parte del partner (Hazan & Shaver, 1987)

[8]. Gli individui con questo stile di attaccamento tendono a essere ipervigilanti riguardo alla disponibilità emotiva del loro partner e possono diventare eccessivamente preoccupati per la stabilità della loro relazione. Questo comportamento può essere visto come un’espressione di dipendenza affettiva, in quanto gli individui con attaccamento insicuro ambivalente possono cercare costantemente rassicurazioni e supporto emotivo dai loro partner, mettendo la relazione al centro della loro vita e sacrificando la propria autonomia emotiva.

Disturbo di personalità dipendente

Il disturbo di personalità dipendente (DPD) è un disturbo caratterizzato da un bisogno pervasivo eccessivo di essere accuditi, che porta a un comportamento sottomesso e aderente e a paure di separazione (American Psychiatric Association, 2013)

[15]. Gli individui con DPD possono mostrare una dipendenza affettiva estrema, in quanto sono costantemente preoccupati di perdere il sostegno e l’approvazione degli altri e possono mettere le esigenze altrui prima delle proprie. Anche se la dipendenza affettiva e il DPD condividono alcune somiglianze, è importante notare che il DPD è un disturbo di personalità, il che significa che è più pervasivo e stabile nel tempo rispetto alla dipendenza affettiva, che può variare a seconda delle circostanze e delle relazioni.

Possiamo riassumere che la dipendenza affettiva è correlata sia all’attaccamento adulto insicuro ambivalente che al disturbo di personalità dipendente, ma è importante distinguere tra questi concetti. Mentre l’attaccamento insicuro ambivalente riguarda principalmente la relazione tra gli individui e i loro partner e si manifesta attraverso l’ansia da separazione e la preoccupazione per il rifiuto, il disturbo di personalità dipendente è un disturbo più pervasivo che influisce su molti aspetti della vita dell’individuo e può portare a comportamenti sottomessi e aderenti in varie situazioni. La dipendenza affettiva può essere presente in entrambi i contesti, ma è importante considerare il grado di gravità e l’ampiezza delle manifestazioni per determinare se si tratta di un problema legato allo stile di attaccamento o di un disturbo di personalità.

Terapia cognitivo comportamentale e dipendenza affettiva

La terapia cognitivo comportamentale (TCC) è un approccio terapeutico che si concentra sulla relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti. La TCC si basa sull’idea che i problemi psicologici derivino da schemi cognitivi disfunzionali e comportamenti maladattivi, che possono essere modificati attraverso l’uso di tecniche specifiche (Beck, 1976; Ellis, 1962)

[10][11]. Nella dipendenza affettiva, la TCC si concentra sull’identificazione e la modifica di pensieri e credenze disfunzionali riguardanti sé stessi, gli altri e le relazioni.

Interventi terapeutici per la dipendenza affettiva

Nel trattamento della dipendenza affettiva, la TCC utilizza una serie di interventi mirati a modificare schemi cognitivi disfunzionali e comportamenti maladattivi. Tra questi interventi troviamo:

Ristrutturazione cognitiva: questa tecnica aiuta gli individui a identificare e modificare pensieri e credenze irrazionaltistical manual of mental disorders (5th ed.). American Psychiatric Publishing.

 

8. Bibliografia

  1. Bowlby, J. (1958). The nature of the child’s tie to his mother. International Journal of Psychoanalysis, 39, 350-373.
  2. Bowlby, J. (1969). Attachment and loss: Vol. 1. Attachment. Basic Books.
  3. Bowlby, J. (1973). Attachment and loss: Vol. 2. Separation: Anxiety and anger. Basic Books.
  4. Abraham, K. (1924). A short study of the development of the libido, viewed in the light of mental disorders. In Selected papers on psychoanalysis (pp. 418-501). Hogarth Press.
  5. Fenichel, O. (1945). The psychoanalytic theory of neurosis. W. W. Norton & Company.
  6. Bornstein, R. F. (1992). The dependent personality: Developmental, social, and clinical perspectives. Psychological Bulletin, 112(1), 3-23.
  7. Bartholomew, K., & Horowitz, L. M. (1991). Attachment styles among young adults: A test of a four-category model. Journal of Personality and Social Psychology, 61(2), 226-244.
  8. Hazan, C., & Shaver, P. R. (1987). Romantic love conceptualized as an attachment process. Journal of Personality and Social Psychology, 52(3), 511-524.
  9. Brennan, K. A., Clark, C. L., & Shaver, P. R. (1998). Self-report measurement of adult attachment: An integrative overview. In J. A. Simpson & W. S. Rholes (Eds.), Attachment theory and close relationships (pp. 46-76). Guilford Press.
  10. Beck, A. T. (1976). Cognitive therapy and the emotional disorders. International Universities Press.
  11. Ellis, A. (1962). Reason and emotion in psychotherapy. Lyle Stuart.
  12. Lange, A. J., & Jakubowski, P. (1976). Responsible assertive behavior: Cognitive/behavioral procedures for trainers. Research Press.
  13. Bandura, A. (1977). Social learning theory. Prentice-Hall.
  14. Jacobson, N. S., & Christensen, A. (1996). Integrative couple therapy: Promoting acceptance and change. W. W. Norton & Company.
  15. American Psychiatric Association. (2013). Diagnostic and statistical manual of mental disorders (5th ed.). American Psychiatric Publishing.