Introduzione

La paura dell’abbandono è un tema centrale nella psicologia umana e nella psicoterapia. Questo articolo si propone di esplorare l’evoluzione del concetto di paura dell’abbandono, dalle sue origini teoriche fino alle più recenti concettualizzazioni e applicazioni nella terapia cognitivo-comportamentale (TCC). Inoltre, verranno analizzati gli interventi specifici della TCC per l’ansia sociale, come parte integrante del trattamento della paura dell’abbandono.

1. L’origine della paura dell’abbandono: la teoria dell’attaccamento

La paura dell’abbandono può essere fatta risalire alle teorie dell’attaccamento sviluppate da John Bowlby negli anni ’50 e ’60 (Bowlby, 1958; Bowlby, 1969). Secondo Bowlby, l’attaccamento è un legame affettivo che si sviluppa tra il bambino e il caregiver, generalmente la madre. Questo legame ha una funzione biologica, poiché garantisce la sopravvivenza del bambino attraverso la protezione e la cura del caregiver.

Bowlby propose che la paura dell’abbandono fosse un meccanismo evolutivo che serviva a mantenere il bambino vicino al caregiver e, quindi, al sicuro. Tuttavia, se il caregiver non è disponibile o non risponde in modo adeguato alle esigenze del bambino, può svilupparsi un’insicurezza nell’attaccamento, che può persistere fino all’età adulta (Bowlby, 1988).

2. La paura dell’abbandono negli adulti: la teoria dell’attaccamento adulto


La teoria dell’attaccamento adulto, sviluppata da Cindy Hazan e Phillip Shaver (1987), estese i principi dell’attaccamento infantile agli adulti nelle relazioni sentimentali. Essi proposero che gli adulti sviluppino stili di attaccamento simili a quelli dei bambini, basati sulle loro esperienze con i caregiver nella prima infanzia.

Gli stili di attaccamento negli adulti possono essere suddivisi in tre categorie principali: sicuro, ansioso e avoidant (Hazan & Shaver, 1987). Gli adulti con uno stile di attaccamento ansioso tendono a sperimentare una maggiore paura dell’abbandono e a essere ipersensibili alle minacce di separazione o perdita delle relazioni (Mikulincer & Shaver, 2007). Questo stile di attaccamento può essere associato a un’ansia sociale e a una bassa autostima, che a loro volta possono alimentare la paura dell’abbandono (Bowlby, 1988; Mikulincer & Shaver, 2007).


3. L’ansia sociale e la paura dell’abbandono

L’ansia sociale, conosciuta anche come fobia sociale, è caratterizzata da una paura intensa e persistente delle situazioni sociali e delle prestazioni, in cui la persona teme di essere giudicata negativamente o di mostrare sintomi di ansia che possono causare imbarazzo (American Psychiatric Association [APA], 2013). La paura dell’abbandono può essere vista come una componente dell’ansia sociale, poiché entrambe derivano dalla preoccupazione di essere respinti o esclusi dagli altri (Aderka et al., 2009).

Alcuni studi hanno dimostrato una correlazione significativa tra la paura dell’abbandono e l’ansia sociale (Eng et al., 2001; Manassis et al., 2007). Ad esempio, Eng et al. (2001) hanno scoperto che gli individui con ansia sociale avevano maggiori livelli di paura dell’abbandono rispetto ai controlli sani. Inoltre, Manassis et al. (2007) hanno rilevato che la paura dell’abbandono era un predittore significativo dell’ansia sociale nei bambini e negli adolescenti.


4. La terapia cognitivo-comportamentale e la paura dell’abbandono

La terapia cognitivo-comportamentale (TCC) è un approccio psicoterapeutico ampiamente utilizzato per trattare una vasta gamma di disturbi mentali, tra cui l’ansia sociale e la paura dell’abbandono (Beck & Haigh, 2014). La TCC si basa sull’idea che i pensieri, i sentimenti e i comportamenti sono interconnessi e che la modifica dei pensieri e dei comportamenti disfunzionali può portare a un miglioramento del benessere emotivo (Beck, 1976).

Nel contesto della paura dell’abbandono, la TCC si concentra su tre aree principali: la ristrutturazione cognitiva, l’esposizione e il miglioramento delle abilità sociali (Beck & Haigh, 2014).

  • Ristrutturazione cognitiva:La ristrutturazione cognitiva è un elemento centrale della TCC e si basa sulla modifica dei pensieri negativi e irrazionali che contribuiscono alla paura dell’abbandono e all’ansia sociale (Beck & Haigh, 2014). Ad esempio, un terapeuta può aiutare il paziente a identificare e sfidare i pensieri catastrofici riguardo all’abbandono, come “Se mi lascia, non potrò mai essere felice di nuovo” o “Se non mi piacciono, nessuno mi amerà mai”.
  • Esposizione:L’esposizione è un’altra componente fondamentale della TCC e consiste nell’affrontare gradualmente le situazioni temute o evitate a causa della paura dell’abbandono o dell’ansia sociale (Beck & Haigh, 2014). L’obiettivo dell’esposizione è quello di permettere al paziente di sperimentare e affrontare l’ansia in modo controllato, così da imparare che le situazioni temute non sono così pericolose o minacciose come si credeva inizialmente. L’esposizione può essere condotta in vivo, attraverso la partecipazione diretta alle situazioni temute, o in immaginazione, attraverso la visualizzazione guidata delle situazioni (Craske & Barlow, 2007).
  • Miglioramento delle abilità sociali:Il miglioramento delle abilità sociali è un altro aspetto importante del trattamento della paura dell’abbandono e dell’ansia sociale nella TCC. Poiché la paura dell’abbandono può essere esacerbata da una scarsa capacità di comunicazione e di interazione sociale, il terapeuta può aiutare il paziente a sviluppare abilità sociali più efficaci, come l’ascolto attivo, l’espressione assertiva delle proprie opinioni e la gestione dei conflitti (Beck & Haigh, 2014).


5. Evidenze empiriche e studi sul trattamento della paura dell’abbandono e dell’ansia sociale nella TCC


Diverse ricerche hanno dimostrato l’efficacia della TCC nel trattamento della paura dell’abbandono e dell’ansia sociale. Ad esempio, uno studio condotto da Fedoroff e Taylor (2001) ha mostrato che la TCC era efficace nel ridurre i sintomi di ansia sociale e paura dell’abbandono in un campione di adulti con disturbo d’ansia sociale. Inoltre, un altro studio condotto da Rodebaugh et al. (2004) ha dimostrato che la TCC era efficace nel ridurre l’ansia sociale e migliorare la qualità delle relazioni interpersonali in un campione di studenti universitari con ansia sociale.

Bibliografia

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