L’impatto dei social network sul nostro benessere psicologico

L’Ansia sociale dello stare connessi

Hanno suscitato scalpore le scelte fatte negli ultimi mesi da grandi artisti e modelle internazionali come Ed Sheeran, Lana Del Rey e Bella Hadid, seguiti da milioni di followers in tutto il mondo, di abbandonare i principali social network cancellando o comunque limitando fortemente i loro account. Il primo in ordine di tempo (nel 2017) a prendere questa brusca decisione è stato il cantautore britannico Ed Sheeran. Com’era già noto a gran parte dei suoi fan, la star, nonostante il successo planetario, aveva più volte dichiarato di soffrire di “ansia sociale” e pertanto di vivere con estremo disagio il vedere la propria vita privata costantemente sotto ai riflettori. Nonostante ciò, nessuno poteva mai immaginare che avrebbe preso una decisione del genere.
Decisiva sembrerebbe essere stata una lite con i fan di Lady Gaga (fonte La Stampa), in seguito alla quale la cantautrice è rimasta molto turbata da una serie di commenti crudeli pervenuti sui suoi profili social. Ecco che a quel punto ha pensato di averne abbastanza, rivelando che in realtà già da tempo mal sopportava di leggere commenti velenosi su di lei, arrivando a dichiarare che anche “un solo commento era in grado di rovinare la sua giornata”.

Ragioni simili sembrerebbero più recentemente (settembre 2021) aver spinto anche la cantante statunitense Lana Del Rey a prendere la stessa decisione, logorata da anni di polemiche sui testi di alcune sue canzoni che, secondo i suoi detrattori, tenderebbero a giustificare o a prendere sotto gamba le relazioni sentimentali abusanti (fonte Il Foglio). Tuttavia, la vicenda che probabilmente ha avuto un impatto maggiore attirando l’attenzione dell’opinione pubblica sul tema è stata quella della supermodella statunitense Bella Hadid che lo scorso novembre in un video su Instagram ha rivelato di soffrire di depressione attribuendo gran parte del suo malessere alle dinamiche tossiche dei social network e mettendo in guardia i suoi fan nel non confondere i social network con la realtà (fonte La Repubblica).

Ansia sociale: I giovani quelli più a rischio

Tutti questi episodi hanno acceso i riflettori sull’impatto che i social media possono avere sulle persone in generale e in particolare su alcune categorie più fragili come gli adolescenti. A conferma di questi timori, un solido studio americano del 2018, su un campione di 1730 giovani tra i 19 e i 32 anni, commissionato dal Centro di Ricerca sui Media, la Tecnologia e la Salute dell’Università di Pittsburgh ha rilevato una correlazione tra il crescente impegno dei giovani sui social network e l’incidenza di disturbi depressivi, ansia, isolamento sociale, disturbi alimentari e disturbi del sonno.

L’identità e l’autostima sono il frutto della qualità delle interazioni umane

La Psicologia, da decenni, ha prodotto validi modelli teorici che hanno attestato come i processi di costruzione dell’identità giocano un ruolo chiave nella salute mentale. L’identità, tuttavia, così come molti aspetti dello sviluppo umano si configura come un processo per sua stessa natura interpersonale e sociale.

L’autostima è un costrutto che si sviluppa tramite un processo individuale, interattivo – relazionale, e può essere concettualizzata come uno schema cognitivo appreso man mano che gli individui interagiscono con gli altri e con l’ambiente (Bracken, 2003).

Sviluppiamo un senso, o meglio una narrazione continua e coerente di noi stessi, di chi siamo e di cosa vogliamo sulla base delle relazioni che intratteniamo con le persone che frequentiamo e in modo più ampio con l’ambiente sociale e culturale in cui siamo immersi fin dalla nascita (Erikson, 1968). Sembra che in molti college americani, nei discorsi per le cerimonie delle lauree, una delle storielle più gettonate sia quella che narra la vicenda di due pesci che nuotano in un acquario. Ad un certo punto incontrano un pesce più anziano che li saluta dicendo: “buongiorno ragazzi, com’è l’acqua?”. I due pesci ricambiano il saluto ma poi chiedono: “cos’è l’acqua?”.

Questa storiella rappresenta in modo magistrale il rapporto che intercorre tra noi e l’ambiente socio-relazionale e culturale in cui siamo immersi da sempre, che ci nutre, è vitale ma di cui abbiamo tuttavia una scarsissima consapevolezza.

E se le interazioni si limitano soltanto al mondo virtuale dei social?

I social network nell’ultimo decennio hanno sostanzialmente colonizzato il nostro “acquario”, arrivando ad esercitare la loro influenza maggiore proprio in corrispondenza di alcune finestre di sviluppo più sensibili per la formazione della nostra identità: si tratta appunto di quelle fasce d’età relative al periodo che va dall’adolescenza alla prima età adulta che sono anche quelle di coloro che maggiormente utilizzano queste piattaforme.1

Il problema è che la qualità dell’acqua in cui nuotiamo è fondamentale per il nostro equilibrio psicologico. Il crescente e pervasivo sviluppo di narrazioni “tossiche” di cui si fanno veicolo queste piattaforme – tese a enfatizzare modelli corporei irrealistici, stili di vita iper-consumistici, valori sociali permeati da individualismo ed ossessione per la performance – sta sempre più acquisendo un ruolo significativo nel determinare le nostre traiettorie identitarie con un impatto, tuttavia, altrettanto potenzialmente tossico sulla nostra salute mentale.