Cos’è l’oziofobia
Il termine oziofobia è stato coniato dallo psicologo spagnolo Santandreu per definire un senso di inquietudine e ansia quando ci concediamo del tempo libero.
Il nostro stile di vita, soprattutto nelle società occidentali, è profondamente influenzato da credenze che ci portano a credere che esista un legame imprescindibile tra il tempo che spendiamo nell’essere produttivi, il nostro valore come individui e più in generale il senso delle nostre esistenze. Tali credenze agiscono come automatismi ben collaudati nelle nostre menti che ci spingono a sentire la necessità di rendere in qualche modo anche il nostro tempo libero produttivo. Se non ci riusciamo o non è possibile, finiamo poi per sentirci in colpa, a disagio con noi stessi. Subentra allora la noia, un’emozione che nell’epoca delle miriadi di distrazioni offerte dal mercato e dalla tecnologia digitale, siamo ormai quasi del tutto incapaci di gestire.
Oziofobia e noia
Secondo Eastwood e colleghi (2012) la noia è un’esperienza caratterizzata proprio da un desiderio insoddisfatto di fare-esperire qualcosa di appagante. Stiamo parlando, quindi, di un’emozione aversiva che emerge quando il livello di stimolazione sensoriale a cui siamo abituati durante la settimana si abbassa fisiologicamente proprio durante il tempo libero. A quel punto, sempre secondo gli stessi autori, tendiamo a focalizzarci proprio sulla noia, sul fatto che non siamo in grado di riportare la mente al normale (per quanto faticoso) livello di stimolazione, sperimentando livelli crescenti di frustrazione e colpa.
A ciò si aggiunge il fatto che la noia ci costringe ad entrare in contatto con noi stessi, riportando a galla fragilità, emozioni spiacevoli e ricordi dolorosi che spesso tendiamo a evitare proprio attraverso il costante impegno nelle attività quotidiane.
Può accadere, poi, che entri in azione la convinzione che per stare meglio dobbiamo uscire più velocemente possibile da questo stato, cercando d’indirizzare la mente verso altri stimoli, spesso costituiti da spinte consumistiche, l’utilizzo di piattaforme di intrattenimento e soprattutto dei social network, in una sorta di meccanismo di evitamento della noia che finisce con l’alimentare ulteriormente la “fobia dell’ozio”.
Oziofobia e Social
Tra i vari fattori che alimentano l’oziofobia, una menzione speciale va fatta ai social network, in quanto rappresentano delle sorti di vetrine virtuali attraverso le quali cerchiamo di rimandare al mondo un’immagine ideale di noi stessi e delle nostre vite, ammantate di successo, esperienze positive, perfezione estetica. Ciò determina inevitabilmente che i social diventino dei parametri di confronto costante tra le nostre vite e quelle degli altri, dove “gli altri” sembrano sempre apparentemente in grado di fare qualcosa di più interessante o gratificante di noi (Fowler, Christakis, 2008).
Ciò inconsapevolmente può alimentare una sensazione di star sprecando quella parte del nostro tempo appunto “libero” dal lavoro che, lungi dal sentire di poterlo dedicare a noi stessi, all’ascolto dei nostri reali bisogni, riteniamo invece di doverlo utilizzare “produttivamente” per colmare quello che attraverso i filtri dei social può apparire come un “gap” tra le nostre vite e quelle degli altri.
Rivalutare l’ozio
Ciò fa si che il tempo libero, non potendolo dedicare ad un vero ozio inteso come un tempo svincolato dall’esigenza di essere produttivi, diventi un ulteriore fonte di stress psicofisico. Non a caso, secondo una ricerca condotta dalla Pennsylvania State University (2018) nel weekend i livelli di cortisolo (l’ormone dello stress) tendono paradossalmente ad essere più elevati rispetto ai giorni feriali. In questo, le culture e le tradizioni filosofico – spirituali orientali hanno molto da insegnarci: essere in grado di calmare la mente dal suo incessante lavorio almeno nei momenti liberi, godendoci un vero ozio, è una risorsa fondamentale che sarebbe utile imparare a coltivare e che può portare enormi benefici nelle nostre vite.
Il tempo libero può essere rivalutato per quello che è realmente: una pausa dagli stimoli del mondo, in grado di riconnetterci con i nostri bisogni, comprendere ciò che è realmente salutare per noi nel qui ed ora, aiutandoci a “ricaricare le pile” e a vivere vite più serene.